Promessa di matrimonio: cosa dice la legge

 Pubblicato: Oct 24, 2020
 Autore: Redazione Matrimony.it

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Che succede se prima delle nozze il promesso sposo o sposa comunica di voler rinunciare a convolare in nozze? Da un punto di vista legale è possibile chiedere un risarcimento? Quale sono le conseguenze legali per chi, anche in prossimità delle nozze ha un ripensamento?

La promessa di matrimonio storicamente era un impegno solenne che lo sposo faceva di fronte alle proprie famiglie ed era quindi vincolante salvo rare eccezioni; Ad oggi invece, come già spiegato dalla Cassazione, la dichiarazione contenuta nella promessa non ha assolutamente più nessuna caratteristica di vincolo giuridico, anche laddove sia stata fatta in forma di scrittura privata in quanto la libertà matrimoniale rappresenta nel nostro ordinamento un diritto fondamentale della persona.

Esistono due tipologie di promessa matrimoniale:

1- Promessa matrimoniale semplice o fidanzamento ufficiale

La promessa semplice è un impegno a cotrarre matrimonio e non ha alcuna forma o requisito che vincola la coppia a doveri futuri se non di tipo morale. In questo caso Le uniche conseguenze che derivano dalla rottura del fidanzamento riguardano l'obbligo di restituire i regali fatti in occasione della promessa (es. anello di fidanzamento);

2- Promessa matrimoniale solenne

E' prevista dall'art. 81 del codice civile nelle seguenti modalità:

A) con un impegno assunto tramite atto pubblico o scrittura privata;

B) con la richiesta di pubblicazione di matrimonio da farsi obbligatoriamente almeno 13 giorni prima delle nozze.

Nei casi sopra descritti chi recede senza giusto motivo avrà l’obbligo di rimborsare alla controparte unicamente le spese fatte in vista del matrimonio direttamente funzionali al progettato matrimonio  e proporzionate alla potenzialità economica dei fidanzati. La promessa solenne ha conseguenze risarcitorie per i danni in merito alle spese già sostenute e per le obbligazioni contratte a causa della promessa (ad es. abito da sposa, bomboniere, ricevimento, ecc.).

La domanda di risarcimento può essere proposta dalla parte che ha "subito" il rifiuto di convolare in nozze, entro un anno.

Il codice fa salva la possibilità della parte che rifiuta il matrimonio di provare che il suo comportamento sia legato ad un "giusto motivo" che esclude il risarcimento.

Si ritiene che i giusti motivi di rifiuto siano quelli previsti dall'art. 122, III comma, codice civile e in generale quando si è in presenza di fatti venuti a conoscenza successivamente alla promessa di matrimonio quali: infedeltà, tendenze al gioco d'azzardo, abuso di droga o alcol.

Per la Corte di Cassazione non sono risarcibili i danni patrimoniali e danni morali e psicologici che potrebbero derivare dalla mancata celebrazione delle nozze.

La legge vuole quindi salvaguardare la piena ed assoluta libertà di ognuno di contrarre o non contrarre le nozze e di tutelare il libero ed incondizionato "diritto di ripensamento".

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